domenica 26 settembre 2010

Dicci la tua sul problem solving

Risultati del piccolo sondaggio sul
problem solving.
Si è concluso il piccolo sondaggio lanciato da questo blog tra i suoi lettori sul problem solving. Qui a sinistra si può vedere la schermata che riproduce i risultati, ancora consultabili, nella colonna di destra del blog, dove i votanti hanno espresso i loro pareri scegliendo tra le varie opzioni. Come si può vedere l'opinione più ricorrente è che il problem solving voglia dire "risolvere i problemi". Quante volte troviamo, infatti, l'espressione "attitudine (o orientamento) al problem solving" negli annunci di lavoro? E' tra gli skill più richiesti dalle aziende. Ma
qual'è davvero la sua natura?


Vediamo innanzitutto che cosa non è il problem solving e in questo ci aiutano le altre voci del sondaggio. Quindi il problem solving non è:


  • una tecnica informatica sebbene il problem solving in informatica sia molto adoperato;
  • evitare i problemi, può sembrare ovvio però spesso confondiamo le due cose tutte le volte che ci ostiniamo a non affrontare un determinato problema;
  • un'attitudine innata, perché s'impara;
  • un solvente come l'acquaragia: semmai un diluente o un attrezzo come un cacciavite o una pinza è uno strumento per risolvere il problema, non la sua soluzione.
Alcuni lettori del blog hanno voluto dire la loro in maniera più estesa su formspring. Ecco in sintesi le risposte. Il problem solving è:
Tu cosa ne pensi? E' ancora possibile esprimere il proprio punto di vista attraverso i commenti a questo post. Dicci la tua.

giovedì 16 settembre 2010

Ridurre il problema a un gioco

Foto: I'm Daleth.
Un cittadino ateniese, al vedere
Esopo in una frotta di ragazzi
giocare a noci, si fermò di botto
e rise come se vedesse un folle.
Più maestro che vittima del riso
intese il vecchio, e piazzò sulla via
un arco con il nervo rallentato:
"Orsù , o sapiente, interpreta il mio gesto",
disse. Si fece gente. Quello pensa,
suda, ma non fa luce sull'enigma,
finché s'arrende. E il saggio vittorioso:
"L'arco si spezza se sta sempre teso,
se lo rallenti è pronto al tuo volere".
Così l'anima deve anche giocare
per essere più valida al pensiero.
Fedro, Favole.


L'anima deve essere flessibile come un arco. Perché se è sempre tesa si spezza. Per questo motivo deve poter giocare. Il cittadino ateniese ritiene folle Esopo che gioca con dei ragazzi. Così facendo però deride chi in realtà è più saggio di lui perché senza gioco non c'è flessibilità del pensiero. Non dobbiamo, allora, aver paura del gioco perché esso non è che una riduzione della complessità che ci rende più semplice la soluzione dei problemi. Quante volte invece abbiamo la pretesa che il nostro problema non possa esser ridotto in un quadro più semplice? E' un grande errore perché se non lo riduciamo a un gioco non avremo l'elasticità mentale necessaria per risolverlo. 

domenica 5 settembre 2010

La storia del soldato e della principessa

Auguriamo buona domenica a tutti con questo video, da Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, perché è un bell'esempio di problem telling inconsapevole, anche se amaro. Altri video li potete trovare nella video playlist.

Collegare è meglio che sapere

credit: Extra Medium
In questi giorni tanti studenti sono impegnati nei test di ammissione alle varie facoltà universitarie. Purtroppo è la prima tappa di una carriera che li porterà in molti casi alla distruzione della loro capacità di risolvere problemi. Al San Raffaele di Milano, però, stanno provando a invertire la tendenza. Ma vediamo, prima di tutto, di capirci qualcosa con una storiella.

A Chiara piacevano tutt'e due. E ad entrambi, Gian Maria e Antoine, piaceva Chiara. Lei, però, non sapeva decidersi. Una sera fissavano tutti e tre le stelle supini su una terrazza. "Darò un bacio a chi saprà riconoscere più costellazioni tra tutte queste stelle" esclamò Chiara. A Gian Maria non parve vero perché, da grande astrofilo quale era, avrebbe avuto partita vinta con troppa facilità. Perciò senza esitare cominciò a dire: "La vedi quella A allungata? E' la costellazione della principessa Andromeda. E' quel quadrilatero di stelle? E' Ercole. Quella grande W, invece, è Cassiopea..." e continuò così elencando tutte le costellazioni che scorgeva anche perché le conosceva tutte. Antoine stette ad ascoltarlo e per la prima volta anche lui ebbe modo di riconoscere costellazioni di cui aveva sentito parlare ma che non era in grado di individuare. Perciò per lui non c'erano speranze di ricevere il bacio di Chiara. Lei però si voltò verso di lui e gli chiese: "E tu, non mi indichi nessuna costellazione?". "Certo che sì" rispose Antoine. "Vedi quelle stelle che formano come un cavallo con il muso, la coda e le zampe e una figura sopra con una gonna? E' la costellazione della principessa Sissi. E quelle altre stelle che formano come una canna da pesca che hanno arpionato una forma che ricorda un cappello? E' il cappello di Franz. E quelle altre stelle a forma di bouquet, sono i fiori offerti a Sissi...". A Chiara cominciarono a brillare gli occhi quando Gian Maria li interruppe: "Ok, abbiamo capito che sei bravo ad inventarti le costellazioni. Ma il bacio spetta a me che ho riconosciuto più costellazioni di te Antoine". Ma non aveva ancora finito di parlare che Chiara aveva iniziato a baciare proprio Antoine. Poi si voltò verso Gian Maria e gli disse: "Ti sbagli, ha vinto lui perché ascoltandoti ha imparato le costellazioni che sai riconoscere tu, poi ne ha aggiunto altre che si è inventato collegando le stelle come meglio credeva".

Più sai meno conosci dice il Tao. Più nozioni si hanno, più è cristallizzata la nostra conoscenza. Più cose sappiamo e meno siamo in grado di risolvere un problema. Più sappiamo invece collegare i dati a disposizione in un modo insolito e fino ad allora sconosciuto più possibilità abbiamo di venire a capo di faccende che all'inizio sembrano incomprensibili. I test scolastici di questi giorni per le ammissioni alle varie facoltà a numero chiuso sono però purtroppo ispirati da una logica nozionistica. Non tutti per fortuna. Al San Raffaele di Milano hanno fatto una scelta diversa. Per accedere alla facoltà di Medicina e Chirurgia hanno privilegiato il problem solving. In che modo? Su 100 domande:

  • 50 riguardavano la logica;
  • 10 domande la soluzione di problemi in ambito biologico;
  • 10 in ambito matematico;
  • 10 in fisica;
  • 10 in chimica;
  • 10 la cultura generale.
Una bella e coraggiosa scelta che speriamo sia seguita da altri atenei al più presto. Ma si tratta di un primo passo perché il successivo e definitivo è l'abbandono dei test che in realtà non funzionano. "I test che richiedono esclusivamente di possedere delle capacità di memoria o di riconoscimento possono essere adatti per valutare l'apprendimento meccanico ma non possono verificare in che modo e fino a che punto le strutture concettuali sono state create o modificate dallo studente" scrive Joseph Novak in L'apprendimento significativo (Erickson). E queste capacità si possono sviluppare e verificare soltanto attraverso le mappe concettuali.