Il problem telling è l'arte di individuare, organizzare e narrare i problemi buoni e interessanti. E' la fase successiva al problem setting e riguarda la vendita del problema agli stakeholder e cioè a quelli che devono prendere delle decisioni o devono finanziare un determinato progetto. Si giova dei riduttori di complessità e dell'immaginazione sviluppata anche attraverso l'improvvisazione teatrale. Ha alla sua base l'apprendimento significativo.
Il problem telling è quindi un'arte e non una scienza. Come tutte le arti, quindi, si serve di una serie di strumenti per arrivare a compiere un' “opera”, un progetto. In questo caso il “manufatto” che ne possiamo ricavare non è solo la soluzione di questo o quel problema, ma è uno stile di vita. In questo nuovo stile di vita l'accento è posto sulla narrazione di problemi buoni e interessanti. Un venditore, ad esempio, grazie al problem telling può smettere di vendere questo o quel prodotto e può iniziare, con maggior profitto e soddisfazione, a chiedersi quali problemi dei suoi clienti vuole affrontare. Un pool di un progetto invece di tentare di vendere il progetto può raccontare uno o più problemi interessanti che vuole affrontare. In tante presentazioni di società ed organizzazioni, come ricorda Umberto Santucci, si sottolineano con enfasi i risultati raggiunti che in realtà non interessano nessuno. Molto più interessante è per un potenziale cliente sapere quali problemi ha affrontato questa o quella impresa e cosa ha fatto per risolverli. E ancora più interessante è sapere quali problemi una determinata azienda o un'associazione o un'istituzione o un gruppo di persone vuole creare alle persone con cui entrerà in relazione. Pensiamo di procurarci un eccellente articolo e di metterlo in vendita nel nostro negozio. Immaginiamo che abbia tanto successo che le persone per procurarselo vogliano venire anche la domenica presso il nostro negozio. Se siamo soli nel negozio avremmo bisogno di personale per tenere aperto anche la domenica. Se troviamo una soluzione e assumiamo almeno una persona stiamo facendo problem telling. Se decidiamo di restare chiusi la domenica e cominciamo a pensare che il personale costa stiamo ricadendo nella noia e nel cattivo management.
Prima di fare problem telling è fondamentale definire bene il nostro problema e di questo si occupa il problem setting. Una volta definito possiamo affrontare la narrazione del nostro problema a chi dovrà decidere o metterci i soldi o ai clienti del nostro “problema”. Il consiglio è partire proprio da queste persone in questa fase. Fare buon problem telling significa anche apprendere in modo significativo e quindi essere aperti ai sentimenti, ai diritti, ai bisogni e alle aspirazioni degli esseri umani. E' su questi elementi che occorre far leva per comunicare il nostro bel problema. E' al cuore delle persone che occorre parlare e lo possiamo fare solo se siamo sinceri ma soprattutto ricchi di immaginazione, fantasia e interattività. Se partiamo dagli stimoli e dalla aspirazioni delle persone e diamo loro la possibilità di coltivarle stiamo facendo problem telling. Ci servono allora i giochi, le rappresentazioni, i linguaggi: teatrali, cinematografici, fotografici, pittorici, artistici. Fra tutte le attività ludiche una che può giovare molto al problem teller è l'improvvisazione teatrale, così come riformulata in Canada da Keith Johnstone. Si tratta, infatti, di un'improvvisazione non più concepita per preparare uno spettacolo ma che è essa stessa spettacolo.