A Parigi gli spettatori del primo film mostrato in europa, l'arrivo di un treno in una locale stazione, erano rimasti ancora con gli occhi sbarrati e la bocca aperta per lo stupore, quando uno di essi si avvicina, si presenta come prestigiatore e chiede se può acquistare un apparecchio come quello che ha visto per proiettare le immagini. La risposta dei due fratelli che avevano organizzato la proiezione è secca: no, questo è un apparecchio che non è destinato al gioco, al teatro, ma alla scienza. Era il 1895. I due fratelli erano Louis e Auguste Lumière e il prestigiatore era Georges Méliès. Prosegue con questo post una riflessione sul rapporto tra la magia, il teatro e il cinema da una parte e il problem solving dall'altra iniziata ieri con il post Risolvere e creare problemi con la magia e con il teatro.Oggi questo genere di film non ha lo stesso effetto che aveva sugli spettatori a lui contemporanei nei quali, invece, suscitava meraviglia e stupore. Per riuscirci faceva ricorso a tutto il repertorio delle tecniche illusionistiche, che conosceva alla perfezione: apparizioni, sparizioni, ombre e proiezioni, simulacri. Quando, infatti, volle comprare l'apparecchio dei Lumière non sapeva bene che farsene, ma ben presto non appena ebbe la tecnologia che gli occorreva tra le mani vi traspose tutta la sua sapienza di prestigiatore. Una delle prime realizzazioni fu infatti Escamotage d'une dame chez Robert-Houdin in cui appare lui stesso che fa scomparire una donna. Il cinema gli deve essere apparso come una grande opportunità per ampliare le possibilità dei suoi trucchi, delle sue illusioni. E vi si immerge con tanto entusiasmo. Per lui questa nuova invenzione non è una esclusiva degli ambiti scientifici, come avrebbero voluto i Lumière, ma un bellissimo giocattolo. I suoi film sono infatti modulati secondo gli stilemi della farsa, pieni di umorismo e di personaggi, come i diavoli, i maghi e i pierrot che provengono da tutta la carica vitale della commedia dell'arte. Si guardi, ad esempio, Lune à un metr del 1898.
Questo sguardo agli albori del cinema ci permette alcune riflessioni, anzi delle vere e proprie lezioni. Partiamo dal gioco: per Méliès, come abbiamo visto, il cinema è un grande gioco, quasi fanciullesco, immaginifico in cui si bada al divertimento e non all'educazione morale come invece farà altro cinema a lui contemporaneo. E' questa la prima grande lezione perché questo grande regista si diverte a scoprire tutte le possibilità che le nascenti tecnologie cinematografiche danno allo spettacolo. E nei suoi film tutto è diletto, divertimento. Non ha potuto lavorare con grandi attori ma lui stesso è disinvolto e si muove con grande destrezza come anche alcune maschere che utilizza, votate al gioco e agli scherzi e ai lazzi come i maghi e i diavoli. In questo non sminuisce le possibilità artistiche del cinema ma le amplifica. Perché tutti si divertono: lui, gli attori, la troupe, gli spettatori. E questa è una magnifica possibilità di esplorazione in ogni direzione: verso i problemi, le possibilità, ecc. Ed è il vero grimaldello per affrontare la complessità. Il gioco, infatti, è un riduttore di complessità. "Il gioco mette in moto tutte le forme di pensiero, il pensiero verticale e quello laterale, la razionalità e l'emotività, il pensare e l'agire. (...) Il gioco può servire ad analizzare la situazione con occhi diversi, a vedere problemi che altrimenti non erano evidenti" scrive Umberto Santucci in Fai luce sulla chiave (L'airone).





