giovedì 16 settembre 2010

Ridurre il problema a un gioco

Foto: I'm Daleth.
Un cittadino ateniese, al vedere
Esopo in una frotta di ragazzi
giocare a noci, si fermò di botto
e rise come se vedesse un folle.
Più maestro che vittima del riso
intese il vecchio, e piazzò sulla via
un arco con il nervo rallentato:
"Orsù , o sapiente, interpreta il mio gesto",
disse. Si fece gente. Quello pensa,
suda, ma non fa luce sull'enigma,
finché s'arrende. E il saggio vittorioso:
"L'arco si spezza se sta sempre teso,
se lo rallenti è pronto al tuo volere".
Così l'anima deve anche giocare
per essere più valida al pensiero.
Fedro, Favole.


L'anima deve essere flessibile come un arco. Perché se è sempre tesa si spezza. Per questo motivo deve poter giocare. Il cittadino ateniese ritiene folle Esopo che gioca con dei ragazzi. Così facendo però deride chi in realtà è più saggio di lui perché senza gioco non c'è flessibilità del pensiero. Non dobbiamo, allora, aver paura del gioco perché esso non è che una riduzione della complessità che ci rende più semplice la soluzione dei problemi. Quante volte invece abbiamo la pretesa che il nostro problema non possa esser ridotto in un quadro più semplice? E' un grande errore perché se non lo riduciamo a un gioco non avremo l'elasticità mentale necessaria per risolverlo. 

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