lunedì 16 agosto 2010

Pensiero laterale, improvvisazione e problemi

Credit immagine: Peace (v i p e z
su Flickr)
"interviene in tutti i casi in cui può tornar utile impostare un problema secondo una formula nuova" 
scrive Edward De Bono in Pensiero laterale che continua dicendo, ad esempio che 
"la realizzazione delle idee nuove non provoca necessariamente un aumento di spese industriali, più spesso, anzi, consente di ridurle. Essa permette una maggiore efficienza produttiva, l'utilizzazione di materiali di scarto, una semplificazione dei progetti che rende la loro attuazione più facile e meno soggetta agli inconvenienti di  montaggio, una riduzione di costi a parità di prestazioni". 

Questo perché il pensiero laterale è alla costante ricerca di soluzioni nuove. E questo è bene che non lo facciano solo i ricercatori di professione ma tutti in azienda. Anche perché lo stesso De Bono riconosce come tutti siano in grado di acquisire una mentalità laterale che si acquisisce come quando s'impara a giocare a golf, a sciare, una lingua straniera e così via. E' una forma mentis a cui si giunge con l'esercizio. La soluzione nuova è lì spesso a portata di mano: basta solo mettere in nuova correlazione gli elementi del problema.  E quando la soluzione più semplice, efficace ed essenziale sarà raggiunta ci verrà da esclamare: "ma come ho fatto a non pensarci prima? Era così semplice!". 

Tutto questo ricorda alcuni giochi o esercizi di improvvisazione teatrale, quando soprattutto si producono nuove storie includendo oggetti, personaggi e situazioni le più disparate ed eterogenee tra loro. Il procedimento è molto simile a quando in un problema si inserisce qualche elemento estrapolato da altri contesti. Uno stratagemma, questo, a cui spesso sceneggiatori di film e serie tv ricorrono spesso. Questo nuovo elemento dà una luce nuova ed inaspettata a ciò che si stava esaminando prima. Senza di quell'elemento spesso brancoliamo nel buio perché ci concentriamo su ciò che per stanchezza o per assuefazione non ci dà frutto. Ma quando colleghiamo ciò che sembra così lontano ed eterogeneo al nostro problema spesso troviamo una soluzione molto brillante. La ragione di ciò risiede nel fatto che tra le cose, le situazioni, le persone sembra esserci una trama sottile e nascosta che però si rivela all'autore più attento. 

Chi produce o assiste a spettacoli d'improvvisazione teatrale può comprendere meglio questo. Perché dalla eterogeneità degli spunti nascono storie e scene che portano a quelle idee essenziali ed efficaci che De Bono raccomanda. Siamo quindi oltre i limiti di un'arte che sia solo grottesca o bizzarra, quale magari tanto surrealismo può aver prodotto. E' chiaro che ciò è possibile nella misura in cui si accetta di giocare con gli altri nelle situazioni che vengono a crearsi e se ne ascoltano tutte le potenzialità da condurre con pazienza e voglia di scoprire, esplorare.  D'altronde nel pensiero laterale il gioco è il metodo migliore per facilitare l'intervento del caso: "giocare solo per giocare significa compiere un esperimento sul caso". Peccato che in tanti non giochino, che si vergognino addirittura di giocare. E' davvero un peccato vedere che spesso ragazze e ragazzi di 15-16 anni abbiano difficoltà a giocare, fatta eccezione per le play station. Purtroppo una serie di condizionamenti a questa età blocca tutta quella spontaneità che essi avevano in precedenza. Per fortuna, però, "è possibile trasformare persone prive di immaginazione in persone immaginative in un solo attimo" scrive Keith Jonhnstone in Impro (Dino Audino Editore) e come ha ben dimostrato nel trasformare degli uomini d'affari per gioco in dei perfetti hippies. Perciò con l'improvvisazione teatrale si può andare oltre la manicheistica suddivisione tra ideatori ed esecutori che De Bono fa nel decimo ed ultimo capitolo del suo libro sul pensiero laterale. Tutti possono essere ideatori, questo lo possiamo dire con certezza. E' impossibile che ciò non avvenga visto la stupefacente rete neuronale del nostro cervello. Ciascuno di noi ha delle capacità associative infinite come dimostra il pensiero radiale, di cui il mind mapping è una delle più straordinarie applicazioni. Per Tony Buzan, il papà delle mappe mentali, il nostro cervello è una Macchina di Associazioni che si Ramificano. D'altronde è sufficiente realizzare un buon brain storming per accorgersene. Se si capisce questo allora di fronte a un problema si riescono ad escogitare una serie di alternative per risolverlo, dopo averlo inquadrato. Se le alternative non ci sono allora non siamo neanche di fronte a un problema. Si può trattare di una condizione (il surriscaldamento della terra, il traffico a Roma, una malattia ecc.) , ad esempio, o di qualcos'altro, ma non di un problema. Oppure si può trattare di un falso problema e il far luce su di esso con il pensiero laterale aiuta a smascherarlo. L'importante, comunque, è che almeno qualche a problema ci sia e venga individuato perché questo dà la spinta giusta a molte situazioni stagnanti. Se, ad esempio, avessimo la più forte e bella squadra di calcio al mondo un bel giorno essa andrà di sicuro di fronte a delle sonore sconfitte, peraltro salutari, perché tenderà a cullarsi e a non prendere in esame i problemi del suo gioco. Se invece questi vengono individuati, ben definiti e affrontati via via con le alternative migliori la nostra squadra rimarrà sempre la migliore. Questo a patto che non ci si affidi all'onnipotenza della logica che spesso porta a soluzioni sbagliate per problemi mal posti. Il pensiero laterale per la sua natura rivolta alle alternative sfugge a simili inconvenienti. Il metodo verticale infatti altri non è se non la logica. Mentre il pensiero laterale è quello che ci guida verso nuove interpretazioni della realtà e verso idee nuove.  

La consequenzialità propria del pensiero verticale è però il più grosso ostacolo nell'ideare nuove soluzioni. E' infatti noto che le scoperte più rivoluzionarie sono arrivate da procedimenti non impeccabili come la scoperta della penicillina, ad esempio, o quella dello ioduro d'argento per la fotografia da parte di Daguerre. Il pensiero verticale presenta degli svantaggi a partire dal fatto che una volta giunto a un risultato non sente più il bisogno di pervenire a una via migliore e più diretta. Il secondo svantaggio consiste nel fatto che il pensiero verticale corre a tutta velocità verso la direzione più ovvia quando magari sarebbe meglio farsi un giro intorno con il pensiero laterale. Il terzo svantaggio del pensiero verticale sta nelle sue rigide definizioni su cui invece i lateralisti sono pronti a poggiarsi solo per quel che occorre per proseguire il cammino. Con questo non si vuol dire che si deve abbandonare e disprezzare la logica. 
"La differenza tra il metodo laterale e quello verticale sta nel fatto che, nel secondo caso la logica guida il pensiero, mentre nel primo, lo serve" 
scrive De Bono. Il guaio è che questa è una guida rigida, dittatoriale, uniformante. Molto meglio mettere da parte la logica ed utilizzarla quando è il suo turno, quando  cioè non ci occorrono alternative ma un rigoroso ragionamento. Capita spesso, infatti, che ci troviamo di fronte a presunte impostazioni obbligate del problema. Questo avviene a causa della rigidità delle classificazioni. Come sfuggire ad esse? Rispondiamo alla domanda con un piccolo racconto citato da De Bono: 
"Si racconta che durante la guerra il pilota di un bombardiere durante un suo volo di rientro alla base cominciò a un certo momento ad avere difficoltà nel controllo dell'apparecchio. Venne riscontrata una perdita nell'impianto idraulico, ma non c'era acqua di scorta per colmarla. Ebbene, se l'equipaggio si salvò fu perché, alla fine, a qualcuno venne l'idea di immettere urina nell'impianto".

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